SANTENA – 20 giugno 2020 – L’Italia non è il paese dei balocchi. Il consiglio di Visco: lavorare in modo più produttivo! La produttività del lavoro è l’idea su cui Camillo e i suoi contemporanei hanno fatto grande l’Italia unita. Le aziende agricole del Distretto del Cibo sono un modello da copiare.
Letto da Santena, dal Chierese-Carmagnolese e da Torino, il Piano Colao, studiato da superesperti in materia economica e sociale, è un buco nell’acqua. Non una tra le 102 proposte, contenute nel documento Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022”, del dopo Covid-19, accenna all’agricoltura. Nonostante sia, da sempre, il settore portante dell’economia italiana, da nord a sud, da est a ovest, compresa la provincia di Torino. Tutti sanno, infatti, che l’agricoltura ha forti ricadute su: alimentazione, ristorazione, salute, turismo, cultura, lavoro, reddito, industria, paesaggio, benessere, sull’utilizzo dei terreni e del territorio, e chi più ne ha più ne metta. Perfino sulla politica perché l’autosufficienza alimentare, magari integrata a livello europeo, è un fattore strategico quanto mai importante nel futuro. Tanto più che sulla politica agricola si basa nientemeno che l’Unione Europea.
I superesperti sottovalutano l’agricoltura, il cibo e i prodotti alimentari. Tanto, nei supermercati si trova tutto ciò che si vuole mangiare. Anche fuori stagione. Oddio fossimo in Groenlandia, a Capo Nord, in Svezia o in Norvegia, dovremmo, parzialmente, dar loro ragione. Ma l’Italia, la Pianura Padana, il Chierese-Carmagnolese e Santena sono terre che sull’agricoltura basano la produzione di ricchezza e una parte consistente delle loro identità. In più, l’agricoltura praticata nel territorio metropolitano da tante aziende di prossimità ha indici di produttività da far invidia a molte aziende industriali.
Nulla a che vedere con il pubblico o semi-pubblico impiego. La Banca d’Italia sul rilancio dell’Italia ha lavorato meglio. La relazione del Governatore Visco ha un impianto logico totalmente differente da Colao e dall’indecisionista governo M5S-PD. Per questo probabilmente sarebbe piaciuta a Camillo Cavour e ai suoi contemporanei contadini. La proposta è una sola. Concentrare le risorse sull’innalzamento della produttività di tutto il sistema, dunque su tutti i settori e comparti, compresa l’agricoltura. Perché il principale problema della nostra economia è, come tutti sanno da decenni, quello della bassa crescita, a sua volta riflesso della debolissima dinamica della produttività del settore privato e in particolare della pubblica amministrazione.
Però che strano paese è l’Italia.
Pare che pronunciare la parola produttività equivalga a dire una bestemmia. Il discorso vale per la maggioranza e pure per l’opposizione che preferiscono occuparsi di distribuire la ricchezza, piuttosto di preoccuparsi di come produrla. Nessuno vuol porre rimedio alla bassa produttività, alla bassa competitività, alla diffusione del sommerso e all’alterazione delle regole della concorrenza. Sembra di essere in un paese dei balocchi, dove la politica è serva del più vuoto individualismo. Delle mille promesse di sussidi, finanziati dai debiti o da contributi europei. Un albero della cuccagna sconfinato in cui la rendita si sostituisce al lavoro, in barba a quanto dice l’articolo 1 della Costituzione.
Il riferimento a Pinocchio non è casuale.
Pinocchio è un capolavoro di valore mondiale, scritto da Carlo Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini (1826-1890), protagonista del Risorgimento italiano e contemporaneo di Cavour e dei nostri antenati.
Il burattino di legno che si trasforma in bambino ci insegna che le bugie hanno le gambe corte.
E quella del Covid-19 non è una favola. E’ la crisi sociale più grave dal Novecento a oggi. Più pesante di quella del 1929-1930, dalla quale si uscì in seguito alla catastrofe della Seconda Guerra Mondiale e con il mondo diviso tra le due superpotenze: Usa e URSS.
Stavolta le riforme del sistema italiano ed europeo non sono più rinviabili. Torna utile, in proposito, soffermarsi sulla visione delle cose da fare che ha animato l’azione e l’opera di Camillo Cavour e dei suoi contemporanei. Una visione riformista, espressa con lucidità disarmante da Cavour nel discorso pronunciato alla Camera dei Deputati il 7 marzo 1850 in appoggio delle Leggi Siccardi: “Vedete, o signori, come le riforme compiute a tempo invece di indebolire l’autorità, la rafforzano; invece di crescere la forza dello spirito rivoluzionario, lo riducono all’impotenza.”
Gino Anchisi da Santena,
la città di Camillo Cavour, 20 giugno 2020