SANTENA – 19 settembre 2020 – Gemano Cini ha inviato al blog un contributo in merito al progetto del nuovo ospedale unico per l’Asl To5.
A inizio settimana in consiglio regionale del Piemonte hanno nuovamente lanciato i dadi e la pedina del nuovo ospedale unico Asl To5 è finita sulla casella “ritorna alla partenza”. Mannaggia siamo proprio sfortunati!
Come residente di quello che sembra diventato il triangolo delle Bermuda ossia Chieri-Carmagnola-Moncalieri seguo da molti anni questo progetto per semplice dovere civico d’informazione e sinceramente vedendone l’iter mi chiedo se continuare a farmi del male.
Stiamo parlando del progetto per la realizzazione dell’ospedale unico dell’Asl To5 che dovrebbe sostituire e coprire in modo efficiente le necessità di questo territorio. Non serve perdere molto tempo nel descrivere quanto sia vitale per la nostra salute questo progetto considerando che tutti noi conosciamo la situazione dei tre nosocomi che abbiamo oggi a disposizione. Vecchi, decadenti, obsoleti, privi di qualsiasi confort, inseriti in contesti urbani diventati nei secoli assurdi. Come ci entri ti assale la sindrome della macchina del tempo e ti trovi immerso nel passato in una circostanza della tua vita in cui speri di essere curato e trattato con le tecniche e la medicina del futuro. Ciò che di buono esce da quei casermoni è merito esclusivo di medici e operatori sanitari che si trovano a svolgere il loro complicato compito sfidando la legge del tempo in un paese che li ha condannati a essere quotidianamente eroi.
Ecco quindi la necessità di una struttura moderna, realizzata secondo gli attuali standard e protocolli, con un lay out funzionale ed attrezzature all’avanguardia, in un’area baricentrica ed efficacemente servita da una logistica stradale e ferroviaria.
Un ospedale pensato con capacità di 440 posti per un costo di circa 250 milioni di euro completamente finanziati dall’INAIL che per la precisione sono soldi che tutti i datori di lavoro versano per coprire il rischio infortuni e malattie professionali sul luogo di lavoro.
Per dovere di cronaca parliamo di un’iniziativa della quale sento parlare da quasi 10 anni e che ha visto i primi atti formali nel 2015.
Dopo un lungo periodo dove ogni primo cittadino della zona si è agitato per proporre il suo angolo di eden nell’onesto tentativo di attrarre “la bela Maria” nei propri confini comunali finalmente nel lontano 2016 si individua l’area. Bingo!
Si tratta della zona al confine tra Moncalieri e Trofarello e più precisamente Cenasco Movicentro a Santa Vadò. Ovviamente non dopo che scienziati, urbanisti, ecologisti e rabdomanti si sono cimentati in analisi, studi e ricerche, discussioni, confronti per definirne la fattibilità. E poi?
E poi, alla luce delle coperture economiche disponibili, mi aspettavo che fossero finalmente lanciati i bandi operativi senza però considerare quanto sia insidioso il gioco politico dell’oca. Infatti, nel frattempo abbiamo votato un nuovo consiglio regionale, un nuovo Presidente e si è formata una nuova giunta che proprio in materia sanitaria ha già dato e continua a dare una prova nella gestione della pandemia che tutti purtroppo conosciamo. Cosi si arriva ai giorni nostri con la nuova maggioranza in consiglio regionale che anziché procedere e avviare i relativi bandi viene fulminata da un dubbio atroce: ma se poi dovesse piovere su Trofarello? Fermi tutti! Lanciamo l’ennesimo studio su eventuali rischi idrogeologici di quel sito. Risultato riparte la giostra e ricominciano le manfrine.
Adesso… io non voglio entrare nel merito delle colpe o delle origini di certe decisioni ma vogliamo dircelo una volta per tutte che 10 anni per non saper individuare, in un’area di poco meno di 100 kilometri quadrati, un sito baricentrico per un servizio così vitale, è uno SCANDALO!
Credo veramente che non possiamo sopportare altri anni di discussione che se mai giungessero ad un nuovo sblocco della situazione, con questo approccio, vedrebbero tra bandi, progettazioni, ribaltoni e lavori di costruzione almeno altri 20 anni al netto di ricorsi e porcate.
Questa ennesima vicenda ci deve insegnare che se crediamo in un paese futuro moderno è l’ora di smettere di chiedere a certe istituzioni di fare opere nuove senza prima dedicarci seriamente e concretamente nel rivendicare a chi ci amministra un nuovo modo di operare, nuove regole, nuove responsabilità.
La politica del non fare per non sbagliare ci distruggerà e sta a tutti noi cominciare a giudicare l’immobilismo, la melina, il rinvio il più grave degli errori.
Il teatrino dei Bertoldo della politica che ci continuano a raccontare di essere alla ricerca dell’albero ideale a cui farsi impiccare è un inganno che, in questo caso, sta miseramente impiccando ognuno di noi e non possiamo accorgercene solo grazie alla pandemia.
Nel frattempo incrociamo le dita e speriamo che a Bruxelles chi dovrà decidere sulla serietà e credibilità dei nostri piani di investimento per darci i 209 miliardi del Recovery Fund non abbia un parente o un amico in questa bellissima zona del Pianalto.
Santena, 19 settembre 2020
Germano CINI