SANTENA – 31 ottobre 2020 – 170 anni fa Santena entrava nella storia europea e mondiale. Merito di Camillo Cavour e dei suoi contemporanei, capaci di affrontare guerre, sacrifici e contagi per realizzare l’Italia Unita, con ciò tutelando i loro interessi. Dalla storia della tubercolosi a quella del Covid.
Tecnologie e sviluppo
Nel 1948, all’improvviso, si trovarono proiettati nel Mondo. Cos’era successo ai nostri antenati santenesi? Tra Torino e Genova si stava costruendo un’opera incredibile. La ferrovia decretava il successo dell’area sud della Provincia di Torino collegandola con il Monferrato, il Roero e le Langhe, con Alessandria, la Pianura Padana e il Mar Mediterraneo. Il tutto avveniva mentre era in corso la prima guerra di Indipendenza. In più l’Europa, la Penisola e il Torinese erano scosse dalla rivoluzione. Una rivolta che modificò profondamente l’assetto sociale del Regno di Sardegna e degli altri staterelli regionali d’Italia. Da allora, e fino ad ora, c’è stato un continuo progresso delle condizioni delle persone. Il cambiamento del sistema di governo e la scesa in campo dei ceti emergenti, nonostante la sconfitta di Novara, gettarono le basi per una fantastica ripresa.
Nel 1848 tutti, o meglio quasi tutti, chiedevano, un po’ come adesso, di essere considerati uguali nei doveri e nei diritti. Nei dodici anni successivi, dal 1848 al 1861, l’Italia, da debole, disgregata e schiacciata nell’orbita austriaca, divenne uno stato unitario collocato saldamente nel contesto dell’Europa Occidentale.
Nonostante fossero soggetti a varie pandemie, in particolare quella da tubercolosi, i nostri antenati di 150 anni fa dimostrarono di avere uno straordinario intuito politico. Pari a quello dei governi succeduti alla caduta di Mussolini dal 1943 al 1970. Il treno portò quel benessere di cui godiamo ancor oggi. Nei decenni successivi, chi più chi meno, migliorò le condizioni di vita. L’infrastruttura ferroviaria, oltre a trasportare le merci e le persone in modo più comodo e sicuro, abbreviava i tempi di comunicazione.
Nel 1850, esattamente 170 anni fa, alla stazione di Cambiano-Santena, arrivò addirittura l’antesignano di internet: il telegrafo. Correva lungo la ferrovia e permetteva di ricevere e inviare informazioni in un battibaleno. La vicinanza del mercato di sbocco di Torino. L’aumento dei consumi delle derrate alimentari e dei prodotti agricoli. L’insediamento di industrie lungo la linea ferroviaria. Lo sviluppo di Torino che, cedendo la capitale a Firenze, diventava la capitale industriale, crearono le condizioni per un benessere diffuso in tutta la comunità. Compresa quella che viveva e vive nel Chierese, Carmagnolese, Moncalierese.
L’Ottocento, per gli Italiani, comportò un generale miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro rispetto al passato. Certo molti soffrirono ancora di freddo, geloni e miseria. Il vaiolo, il tifo, la fame e la fatica mietevano ancora molte vittime. Specialmente la tubercolosi, il mal sottile, che colpiva i polmoni e portava alla morte in tempi brevi.
Covid-19 e Tubercolosi Osservando la situazione odierna è evidente che il COVID ha effetti ben diversi da quelli occorsi nell’Ottocento. Eppure qualcosa di simile c’è, anche se molto differente. Solo nel 1839, si era dato un nome a una malattia terribile, che colpiva i polmoni. Si chiamava tubercolosi: un flagello che non distingueva tra poveri e ricchi, anche se morivano più i primi che i secondi. Della TBC non si conosceva la causa e neppure il rimedio. La pandemia cambiò la vita di intere famiglie e delle persone di una società in cui l’attività principale era concentrata nel settore dell’agricoltura. Nel 1850 la tisi cambiò decisamente anche la vita di Cavour. Morì Pietro di Santarosa, il suo grande amico. Era il ministro dell’agricoltura. Al suo posto fu chiamato Camillo. In quei delicati frangenti Cavour cominciò la sua grandiosa opera di governo culminata con l’Unità d’Italia. Per la cronaca, il batterio della tubercolosi fu identificato solo nel 1882 da Robert Koch. Il vaccino invece venne messo a punto negli anni Venti del Novecento, anche se la sua diffusione si realizzò solo dopo la Seconda Mondiale. Inoltre la tisi, a differenza del COVID, si può curare con gli antibiotici. Nonostante ciò è ancora assai diffusa e poco vale la rimozione culturale e sociale che cerca di minimizzarne la presenza.
Fatto sta che nel 1850 “la peste bianca” mieteva milioni di morti in tutta Europa. La letteratura dell’Ottocento e del primo Novecento è piena di poesie, romanzi, opere e melodrammi che ne parlano. Era portata da un batterio, non da un virus. Il contagio, come nel caso del COVID, avveniva tramite starnuto, tosse, gocce di aerosol emesse parlando o sputacchiando. Anche il latte bovino non pastorizzato era veicolo di diffusione. La lotta fu intensa. Nei comuni c’era il medico dei tubercolotici. Chi ne era contagiato veniva additato e isolato. La tubercolosi è stata alla base della modernizzazione delle cure polmonari e collaterali e a profonde modifiche sociali. Si pensi alla nascita degli ospedali specializzati nelle cure dell’apparato respiratorio. Al divieto di sputare in luoghi pubblici e alla rimozione delle sputacchiere dai locali pubblici e dai tram. Alle rete dei sanatori. Alla definizione di norme igieniche e urbanistiche sull’aerazione dei locali di lavoro e di abitazione.
La storia insegna che le cose si possono ripetere, ma in scenari differenti. Infatti ben diverse sono l’organizzazione sanitaria, la rassegnazione, la consapevolezza, le paure e l’informazione tra gli Italiani di allora e quelli di oggi. In più il COVID, nella società tecnologica, ha una forza di abbattimento delle condizioni economiche di famiglie e di aziende ben più grande di quella della TBC. La sua sovrapposizione con la crisi finanziaria del 2008 lascia intravvedere una guerra per il controllo dei mercati e delle tecnologie che rischia di tagliare fuori i Paesi fragili e vecchi come l’Italia. Guardando a quei tempi, risaltano dei punti fermi su cui oggi si può contare. Gli antenati dell’Ottocento e del Novecento ci hanno lasciato in eredità l’Italia Unita, dotata di un ottimo sistema sanitario pubblico universale e inserita nel contesto occidentale e atlantico.
Successivamente, passando attraverso due gravissimi conflitti mondiali ci hanno donato l’Unione Europea. E l’Unione ha garantito 70 anni di pace, di benessere e di coordinamento delle politiche sociali. Adesso però si fanno i conti con una situazione nuova e imprevista. La pandemia da COVID investe in un sistema globalizzato in cerca di nuovi equilibri, in cui cresce la forza della superpotenza cinese. La memoria di quanto sono stati capaci di fare le generazioni che ci hanno preceduti insegna che per prima cosa bisogna difendere l’Europa dai continui e sempre più audaci tentativi di disgregazione. Sia che vengano dalla Russia, dalla Turchia, dall’Islam, dalla Cina, dagli USA, dalla Brexit del Regno Unito, da Stati dell’ex blocco sovietico. Sia che vengano dall’interno dell’Unione da parte di singoli stati manovrati da altre potenze.
Adesso è ora di aprire gli occhi su chi ha davvero ha interesse a disgregare la bellezza dell’Europa unita. Ricordare che centosettanta anni fa Santena, borgata di Chieri, mentre entrava nel circuito europeo e mondiale, affrontava seri problemi dovuti alla pandemia della tubercolosi, significa riflettere sulle esperienze maturate e soprattutto sulle scelte da compiere affinché l’Europa superi le divisioni strumentali che in questi ultimi anni hanno rischiato di indebolirla per condurla al fallimento.
Gino Anchisi da Santena, la Città di Camillo Cavour, 31 ottobre 2020.