SANTENA – 7 novembre 2020 – Il 7 novembre 1994 mezza città immersa nell’acqua e nel fango. Oggi tutta assediata dal virus. Nella città di Camillo Cavour il morbo suscita riflessioni sui compiti dei livelli istituzionali comunali, provinciali e regionali e sul ruolo dello Stato. L’Agenzia delle Entrate fa i Ristori.
A gennaio, a Santena come nel resto d’Italia, arrivano strane avvisaglie dalla Grande Muraglia.
Parlano di un virus generato da pipistrelli giganti di cui son ghiotti i Cinesi.
A febbraio il COVID 19 inizia a colonizzare l’Italia.
Scoppiano i primi focolai in alcuni lontani comuni del Veneto e della Lombardia.
Gli ospedali si riempiono di malati.
Non si conoscono precauzioni e cure.
L’Italia è prima in Europa.
Si disputa sulle mascherine.
C’è chi specula pure sui camici.
Il male viaggia di bocca in bocca sul soffio, la tosse, lo sputacchio e lo starnuto.
Tutti sono potenziali untori.
Paradossalmente Case di riposo e Ospedali diventano covi riproduttivi.
La paura semina scetticismo, complottismi, anche reazioni rabbiose.
Stesso stato d’animo descritto da Alessandro Manzoni –contemporaneo di Camillo Cavour– ne “I Promessi Sposi”, capitolo XXXIV.
A marzo i telegiornali raccontano di molti moribondi per polmoniti bilaterali.
Di pronti soccorsi intasati.
Di agonie solitarie.
Di funerali deserti.
“L’urlo” di Munch dà il senso.
L’onnipotenza umana vacilla.
L’incredibile si avvera quando a Santena qualcuno che conosci ci finisce dentro.
Possibile che nel duemila non ci sia una cura?
La scienza e lo Stato protettore sono impotenti.
Il Governo centrale decide.
Bisogna far qualcosa ma pochi rappresentanti del popolo a livello locale, provinciale e regionale sono disposti a rischiare la loro effimera popolarità.
Il Governo centrale però non può sfuggire alle responsabilità.
La faccia, davanti al Mondo, all’Europa e alle persone, è la nostra.
Deve intervenire decretando le prime quarantene a livello locale.
Poi adotta i famosi DPCM che estendono regole e limitazioni fino a circoscrivere tutto il territorio statale.
Non si esce dai confini comunali.
Le scuole di ogni ordine e grado sono chiuse.
Tutti gli esercizi commerciali non alimentari sono sbarrati.
Al sud storcono il naso.
I casi da loro sono pochi.
Dicono che il loro clima ammazzi il virus.
Sindaci e Presidenti di Regione, con rare eccezioni, si schierano contro il drago statale dimenticando i loro poteri di ordinanza e di normazione.
A Santena, come nel resto d’Italia, si discute sulla validità delle misure e delle conseguenze.
Nelle fabbriche il lavoro rallenta.
Il commercio e i ristoranti sono fermi.
Il turismo pure.
Gli spazi pubblici sono i primi a chiudere.
I Comuni e la Pubblica Amministrazione passano al cosiddetto lavoro agile.
La produttività e l’economia si avvitano in una crisi ulteriore.
Il lavoro rischia di perdere molti addetti.
Sul fronte del reddito si apre un solco tra chi è garantito e chi non lo è.
Tra chi non è garantito c’è lo scoglio di chi è allineato ai parametri per i sussidi e all’Agenzia delle Entrate e di chi non lo è.
Nel ’94 l’alluvione a Santena, adesso il Covid.
A Santena saltano diverse attività.
La Sagra dell’Asparago.
La Cerimonia nazionale cavouriana del 6 giugno.
La Festa dei SS Cosma e Damiano.
E adesso la Fiera d’autunno.
Si salva il Premio Nazionale Camillo Cavour del 20 settembre.
L’attività agricola invece prosegue imperterrita.
Santena produce ortaggi che nutrono Torino con cibi sani, salubri, freschi e gustosi.
La domanda è buona.
La redditività per le aziende agricole no.
Come al solito, la grande distribuzione la fa da padrone.
A marzo c’è preoccupazione per la stagione degli asparagi che sta per aprire.
E’ il primo ortaggio a spuntare in campo.
I limiti alla circolazione tra comuni e la chiusura dei ristoranti fanno temere un crollo delle vendite e di fatturato.
Non sarà così per una serie di fattori.
Intanto la campagna 2020 inizia tardi.
Gli accordi con i grossisti, le consegne a domicilio, l’allentamento delle misure restrittive, la promozione di Ciliegie di Pecetto con Asparago Santenese, raddrizzano la situazione.
I legami consolidati nel tempo con i clienti evolvono in un fenomenale veicolo di vendita.
Arrivano nuovi clienti.
Sono mossi dall’attenzione verso un ortaggio del territorio.
Lo sentono loro.
Chiedono solo una cosa.
Garanzia sulla provenienza e tracciabilità dell’azienda coltivatrice.
Il marchio ancora una volta dimostra la sua validità.
La terza Unità d’Italia.
A marzo, aprile e fino alla metà di maggio gli Italiani condividono un evento di una dimensione che non si era mai vista nella storia.
Neanche durante la Seconda Guerra Mondiale.
Tutti: campagnoli e cittadini di piccoli e grandi centri del nord, centro e sud; di pianura, collina, montagna e mare devono rispettare determinati comportamenti e regole in nome della tutela della salute degli altri e di se stessi.
Dopo Cavour e la Liberazione dall’Austria.
Dopo la Liberazione dai nazionalsocialisti tedeschi e loro complici del 25 aprile 1945.
L’Unità d’Italia si rifà per la terza volta.
Stavolta il nemico è il virus.
La lezione è fenomenale.
Non è un nuovo Umanesimo.
Di sicuro in Italia la socialità non sarà come prima.
A maggio il Governo allenta le corde.
L’economia ha le sue esigenze.
Riaprono le attività commerciali.
Ai primi di giugno ci si può muovere anche tra regioni.
Intanto l’anno scolastico si chiude.
Tutti tirano un sospiro.
L’uscita dal tunnel inorgoglisce.
Gli Italiani hanno fatto una grande impresa.
E’ un momento di orgoglio nazionale.
Purtroppo però il turismo è bloccato.
Mancano i preziosi stranieri.
Nelle località alpine e appenniniche si registrano invece buone affluenze di Italiani alla ricerca di aria buona e fresca.
Al mare, ai laghi, nelle terre dei vini non va bene.
Mancano i soldi degli Europei del nord, dei Cinesi e degli Americani.
Scarseggiano i villeggianti indigeni.
Spuntano autorevoli negazionisti.
Intanto c’è chi soffia sul fuoco del malcontento e della precarietà.
Luminari di una certa importanza dicono che ormai tutto si è risolto.
Che il virus con il caldo si è indebolito.
Dunque, tutto può tornare come prima.
I negazionisti si attivano per avere visibilità.
Chi si mette la maschera e segue le cautele è considerato un badola.
Gli altri Paesi dell’Unione Europea, del resto d’Europa, gli Stati Uniti, per non parlare del Sud America e il resto del Mondo sono alle prese con l’ondata pandemica.
I Cinesi invece l’hanno superata, nonostante i pipistrelli.
Molti s’ispirano all’Italia che ha passato la buriana.
In luglio, agosto e primi di settembre Germania, Francia, USA e Gran Bretagna hanno numeri crescenti di contagiati e morti.
L’Italia va ancora bene.
L’incoscienza dilaga.
Poi, come natura impone, il clima si raffredda.
Il virus insegna che non siamo invincibili.
Dalle regioni del sud stavolta arrivano cifre deludenti.
L’Italia sta entrando nella seconda fase del contagio.
Durante l’estate le cautele sono andate a farsi benedire.
E’ tempo di aprire le scuole.
L’affollamento all’ingresso e all’uscita solleva perplessità.
I mezzi pubblici del trasporto locale, saturabili all’80% , si trasformano in veicoli di diffusione del COVID.
Solo chi non c’è mai salito non lo sa.
(N.B. La competenza è regionale e comunale).
Nel frattempo nelle case di riposo, dove i trasporti pubblici non c’entrano, riprende a diffondersi il contagio.
Gli ospedali tornano a riempirsi.
I negazionisti stavolta gridano che il virus è una cosa seria.
Pronti a cavalcare il malessere delle categorie non garantite.
Di nuovo in quarantena.
Mentre si discute di chi sono le responsabilità arriva la seconda ondata.
Al 7 novembre, XXVI dall’alluvione di Santena, la situazione in Piemonte è gravissima.
I Pronto Soccorso sono presi d’assalto.
La corsa ai tamponi è caotica.
C’è una buona notizia.
Se tale può essere considerata.
Sui morti e sui guariti della prima fase si sono affinate migliori cure.
Di conseguenza oggi ci sono meno morti e ricoverati, in percentuale.
In compenso esplode il numero dei contagiati.
Tutti invocano interventi incisivi.
Purché siano adottati da altri.
I “governatori” regionali si dimostrano inabili ad assumere decisioni.
Il Piemonte non è d’accordo, ma è d’accordo perché la situazione peggiora.
L’Italia degli staterelli regionali e del comunalismo è incredibile.
Non è neppure mai piaciuta a Camillo Cavour.
Figurarsi oggi.
Alla fine la responsabilità ricade sul Governo.
Ben pochi rappresentanti del popolo a livello locale, provinciale e regionale sono disposti a rischiare quel potere che hanno tra le mani.
Adesso servono i rimborsi.
Oggi l’Agenzia delle Entrate prepara i Ristori.
I rimborsi, dicono, saranno veloci grazie all’incrocio dei dati.
La tanto vituperata Agenzia delle Entrate dei dati incrociati adesso torna utile alle imprese davanti all’Europa.
I Ristori variano a seconda del colore di zona.
Rosso, arancione e giallo fanno differenza.
Strana storia anche questa.
La maggioranza degli Italiani fino a ieri odiava l’Agenzia.
Lo confermano i voti delle parlamentarie.
Vinte dagli anti-euro, anti-europeisti e anti Agenzia delle Entrate.
Così è se vi pare. O forse no.
Per ora la quarantena a Santena e in Piemonte dura fino a giovedì 3 dicembre.
Poi si vedrà.
Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 7 novembre 2020.