SANTENA – 17 aprile 2021 – Gli Asparagi quest’anno sono in ritardo. Cambiamento climatico. Allora la stagione durava 80-90 giorni, oggi solo 50-60. Germoglio fresco per le “primavere” di Cavour con la sua amante. Camillo se ne andò troppo presto (forse avvelenato). Ricordi della Liberazione dallo straniero.
Nel 1861, centosessant’anni fa, di questi giorni sbocciavano gli Asparagi di Santena e delle Terre del Pianalto. Spuntava pure l’Italia, il nuovo Stato, collocato nel cuore del Mediterraneo, tra Europa, Medio-Oriente e Africa. Camillo Cavour era al culmine della fama. Aveva realizzato una missione impossibile. La Liberazione della Penisola dall’occupazione straniera stava per completarsi. Gli azzardi, lo stress e altro pesavano come macigni sul suo fisico di cinquantenne. Una vera calamità stava per abbattersi sulla neonata Italia. Di lì a pochi giorni Cavour sarebbe morto, improvvisamente e frettolosamente. In circostanze non del tutto chiare. Tanto che circolò insistente la voce di un avvelenamento. Caroline Crane Marsh, moglie del neo ambasciatore degli Stati Uniti a Torino, George Perkins Marsh scrisse nel suo diario il 7 giugno 1861 “…probabilmente un caso di tifo mal curato, ma le accuse di avvelenamento sono all’ordine del giorno, anche se non ci sono motivi sufficienti per dar credito a questi sospetti”. Nemici ne aveva tanti, fuori e persino dentro casa. Dubbi che forse una riesumazione e un’analisi del cadavere potrebbero finalmente confermare o smentire.
In quei giorni d’aprile, tra le cose che rendevano felice Camillo erano i germogli freschi, a tempo zero, che un giorno sì e uno no arrivavano da Santena. Allora la raccolta durava più a lungo. Fino a San Giovanni, il 24 giugno. Adesso invece il cambiamento climatico la restringe a 50-60, contro gli 80-90 giorni di allora. Gli asparagi erano davvero una delle sue passioni. In casa la cuciniera li preparava bene, anche se tendeva a farli cuocere un po’ troppo. Lui si raccomandava di farli a vapore, in piedi, in poca acqua. Gli piacevano conditi con l’olio di famiglia prodotto a Oneglia. Oppure infornati e conditi con una buona dose di vero burro e spolverati decisamente, con formaggio stagionato, simil Grana Padano o Parmigiano-Reggiano. Per non parlare delle divine salse alla maionese fatte con le uova fresche della Cascina Nuova del Parco Cavour.
Erano giorni eccitanti e convulsi. Per rendersene conto basta guardare su Wikipedia il calendario del processo di unificazione statale dal 1848 al 1861. Dodici anni vissuti alla velocità della luce. Per non parlare poi dei due ultimi, dal 1859 al 6 giugno1861. Seppur stagione d’Asparagi freschi e salutari, Cavour non aveva il tempo di sfruttare le loro ben note potenzialità afrodisiache con la sua amatissima Bianca. Il superlavoro lo sommergeva. Si stava facendo l’Italia. Non c’era spazio per passare qualche ora d’amore, rigorosamente nella di Lei casa. Tra un impegno di Stato e l’altro, era un rincorrersi di scuse con la giovane e focosa amante. Una lettera del periodo del 28 marzo 1858 dà il quadro della situazione. “Cara Bianca, volevo andare da te alle 5 ma il Re ch’io credeva partito mi fece andare da lui e mi trattenne fino a ora; che mi rimane solo il tempo per vestirmi onde recarmi ad un gran pranzo….Ciò m’impedisce di recarmi da te stasera. Ti vedrò domani. Spero trovarti carina tanto. Credimi. Tuo amico”. E ancora un biglietto non datato “Il re mi manda chiamare al teatro. Farò in modo di rimanere con lui il meno possibile per andare trovarti”.(n° 261 e 391. Epist., ventesimo, app. B, a cura Rosanna Roccia. Olschki Ed.).
L’Unificazione fu una corsa sfrenata. Camillo Cavour e i suoi contemporanei, ciascuno per le sue possibilità e le sue idee, tra felici soluzioni e inopinabili errori, stavano collaborando per costruire la nuova Penisola. Il 18 febbraio si adunò il primo parlamento dell’Italia unita. Mancavano ancora il Lazio e Roma, sotto il protettorato francese e il Veneto, le Venezie e il Trentino, possedimenti degli Austriaci. Il 17 marzo, sbagliando, Vittorio Emanuele II assunse il titolo di Re d’Italia. Meglio sarebbe stato avesse scelto di chiamarsi Vittorio Emanuele I Re d’Italia. Il 23 marzo, due giorni prima degli strepitosi discorsi del 25 e 27 marzo su Roma Capitale e sui rapporti tra Chiesa Cattolica e Stato, Cavour diventava il primo Primo Ministro d’Italia. Dopo la rivoluzione sfociata nell’Unificazione si doveva costruire una nuova società usando lo strumento dello stato unitario. Cavour l’avrebbe preferito basato sul dis-centramento. Cioè non centralizzato. Non solo per evitare lo strapotere della burocrazia ma soprattutto per responsabilizzare le comunità cantonali e provinciali. Cavour guardava con sospetto le Regioni. Tant’è che le voleva come consorzio delle Province. Per evitare che si montassero troppo la testa, come si è visto di questi giorni con le misure di contrasto alla diffusione del Covid.
Al Sud dopo la disgregazione del regime Borbonico le aspettative di cambiamento erano enormi. E lo stesso valeva per il Centro e Nord Italia. Pessimi erano i rapporti con Roma e con l’alto clero. Complicati dalla presenza dei Francesi a difesa del potere temporale del Papa, abbarbicato alla falsa Donazione di Costantino. Insomma l’Italia era tutta un “Quarantotto”. Intanto la rivoluzione evolveva. Il brigantaggio innescava nel Sud, ma non nella sulfurea Sicilia, una guerra civile. Combattuta da Italiani, Borbonici e Briganti, su cui è ora di ragionare con la stessa franchezza con cui bisognerebbe parlare di quello strano malessere che assale gli Italiani ogni qualvolta parlano della Patria. Eh sì! In questa smemorata Italia c’è tanto da fare per il Presidente della Fondazione Camillo Cavour, Marco Boglione, per il Presidente degli Amici della Fondazione Cavour di Santena, Gianni Ghio e per il prossimo Sindaco di Santena.
Grandi e piccoli problemi emergevano quotidianamente. Il 29 aprile 1861 Cavour scrisse a Parigi al Gropello di Figarolo perché intervenisse su Napoleone III per risolvere la questione del caso Edgardo Mortara. Il bambino ebreo sottratto il 23 giugno 1858 alla famiglia residente a Bologna. Un cittadino dello Stato Pontificio nel frattempo diventato cittadino italiano. Uno scandalo internazionale che aveva al centro l’antisemitismo di cui era permeata la Chiesa Cattolica ferma ancora sulla condanna dei Deicidi. Le grandi rivalità politiche restavano in campo. Il 18 maggio, un mese dopo la nota litigata parlamentare del 18 aprile, Giuseppe Garibaldi da Caprera scrisse a Camillo Cavour “Fidente nelle di lei capacità superiori e ferma volontà di fare il bene della patria, io aspetterò la fausta voce che mi chiami una volta ancora sui campi di battaglia”. Nella missiva l’eroe dei Due Mondi criticava aspramente Giuseppe Mazzini mentre inneggiava al Re a dimostrazione della grande dialettica sempre esistita tra i Quattro del murale della Trinità, di piazza Carducci, di Santena.
Poi arrivò la tragedia. Il 29 maggio Camillo non si sentì bene. Il 1° giugno Cavour fu sottoposto a nuovi salassi. Il 2 sembrò migliorare. Dal 3 in poi la situazione volse al peggio. Il 5 Bianca Ronzani per la prima volta entrò nella camera da letto del moribondo. Alle 7 del mattino del 6 giugno Cavour era già morto, per cause non del tutto chiare. Il mattino dell’8 veniva sepolto a Santena.
Nel 2021, centosessant’anni dopo, da Santena, in attesa di fare le vaccinazioni e di fare gli Italiani del dopo Covid, la storia aiuta a interrogarsi sul presente e sul futuro.
Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 17 aprile 2021