SANTENA – 27 giugno 2021 – Asparagiaie da tutelare e salvaguardare per il valore sociale che hanno nella Comunità e nella cultura del luogo. La lettera del 3 marzo 1847 di Camillo Cavour al cugino William De La Rive, temporaneamente a Edimburgo presso James Johnston (1796-1855), insigne chimico.
Semplice borgata di Chieri, di cui è stata frazione fino al 1879. Insignificante per tanti. Santena, per il più grande statista europeo dell’Ottocento, era davvero un posto speciale. Il luogo della formazione, del lavoro, dei ricordi e degli affetti famigliari. Talmente importante da prendere a cuore una peculiarità. Quella dell’Asparago, indicato come la fonte di prosperità economica per l’intera Comunità. Una profezia quanto mai attuale.
La Casa-Castello di Santena non era una banale residenza di vacanza o di svago. Bensì il centro direzionale di un vasto sistema di cascine agricole disseminate nel bacino del torrente Banna. Una rete collocata sulle direttrici stradali e ferroviarie internazionali. Tra il Chierese e il Carmagnolese. Collegata con le Langhe (Grinzane). Col Monferrato (Bellangero e San Martino Alfieri). Col Roero (Magliano Alfieri, Cellarengo). Con il Vercellese (Leri di Trino). Con la capitale: Torino. Un sistema territoriale produttivo di cereali (grano, mais, riso, segale, orzo), vini, latticini, carni (bovine, suine e ovine), alberi (pioppi, gaggie, gelsi), bachi da seta, barbabietole, prati misti e a trifoglio, olio di Oneglia. Una filiera integrata con l’industria molitoria del riso e dei grani, di produzione dei concimi, dotata di una rete di commercializzazione di livello sovraregionale. Un apparato vitale collegato con altre aziende che hanno contribuito alla modernizzazione agraria dell’Italia. Da ciò si comprende perché Santena fosse così importante. Al punto da essere indicata da Camillo Cavour come il luogo eterno, in cui voleva essere sepolto.
Qualunque piccolo paesino di collina, di montagna e di pianura. Qualunque grande, media piccola città avesse per le mani la lettera (qui acclusa) ne farebbe uso per attuarne i contenuti. La firma è imponente. Quella dell’inossidabile padre della patria. Un uomo simbolo, capace di rappresentare meglio di chiunque altro le categorie sociali emergenti nell’Italia del Risorgimento. Di includere le aspettative e i caratteri dei suoi contemporanei interessati dal progresso conseguente alle innovazioni tecnologiche, scientifiche, sociali e istituzionali dell’Ottocento. Un imprenditore con cui gli Italiani fanno i conti ancor oggi. Un politico apprezzato più all’estero che nella Penisola. Perché gli Italiani purtroppo lo conoscono poco o per nulla. Tutto per colpa di quell’impellente malessere che li angustia quando devono misurarsi con la loro straordinaria storia unitaria. Quando cioè sono costretti a uscire dalle comode ma anguste dimensioni del campanilismo, del familismo e del localismo.
La lettera scozzese è una delle più importanti e significative della storia italiana. E’ indirizzata al cugino, che si trova a Edimburgo, presso il chimico, James Johnston, che Camillo, senza esitazioni, considera la prima autorità agricola a livello mondiale. Cavour è un convinto sostenitore dell’uso dei concimi nell’agricoltura. Figlio dell’Illuminismo, ha ben presente l’intreccio rivoluzionario su cui si basa la trasformazione delle società in corso in Europa. Un cambiamento fondato sul fatto che la ricchezza di una nazione è data dalla produttività derivante dalla combinazione tra impresa e lavoro. Visione che colloca al centro della società imprenditori e lavoratori come categorie sostitutive dei ceti improduttivi legati ai vecchi regimi.
Da esperto agronomo e agricoltore Cavour sostenne l’incremento della produttività in quello che, allora come oggi, era il settore più importante: l’agro-industria. Nel caso in esame si rivolse al chimico chiedendo di trovare quelle sostanze che il letame non conteneva. Necessarie perché si potessero coltivare gli asparagi su terreni già adibiti alla medesima coltura. Un tema oggi più che mai attuale, vista la difficoltà di reperire terreni da parte di giovani che intendono investire in orticoltura. Una questione che oggi alcuni coltivatori “eretici” hanno risolto ricorrendo ai moderni concimi.
La scarsità di terreni rimane. Il nodo dovrà essere affrontato dai Comuni, viste le loro funzioni in materia di governo del territorio. Santena è uno di questi. Dopo aver dato il riconoscimento Deco (Denominazione comunale di origine) ad alcune aziende operanti nell’agroalimentare resta da fare il passo conseguente. Riconoscere il valore di patrimonio della comunità di alcune porzioni del proprio territorio e dei terreni adibiti a coltivazioni specializzate e di qualità. In primo luogo alle asparagiaie. A Santena c’è infatti il problema della continuità di una produzione tradizionale, prestigiosa e conveniente. Un’attività adatta alla dimensione famigliare che richiede esperienza, specializzazione e manodopera giovane e femminile. Adatta per puntare sulla alta qualità del tempo zero. L’elemento vincente contro una concorrenza basata sulla quantità, sulla mancanza di regole di mercato e sui bassi prezzi fondati sullo sfruttamento della manodopera in nero e sui sussidi differenziati a livello regionale.
Un bel modo di riconoscere il valore sociale che da secoli svolgono gli asparagi nella Comunità e nel territorio di Santena e del Pianalto.
“Mon cher Cousin,
…Je vous félicite, mon cher, de jouir de la confiance du grand Johnston, que je considère comme la première autorité agricole du monde…. On cultive chez nous les asperges très en grand. Les champs, où on les sème, sont fortement fumés pendant trois ans, et la quatrième année il est [sic] en plein rapport. Une aspergère bien faite dure de 20 à 25 ans et donne pendant ce tems, si fumée convenablement, de beaux produits. Ce tems passé, l’asperge cesse de prospérer, il faut changer la destination du champ. Soumis à d’autres cultures, il est très productif. Le blé et le maïs y viennent à merveille. On peut en faire une prairie. Enfin une ancienne aspergère est considérée comme terre de première qualité. Mais si après un espace de tems très considérable, trent’ans, quarant’ans par exemple, on veut essayer de nouveau la culture de l’asperge, quelques soins qu’on se donne, quelque quantité de fumier qu’on emploie, on échoue complètement. Il est naturel de conclure que l’asperge a besoin de certain composé inorganique que le fumier ne contient pas en dose suffisante pour rendre à la terre ce qu’une culture prolongée lui a enlevé.
Trouvez-moi cette substance et vous nous aurez rendu un immense servi[ce] [car] l’asperge est la source de la prospérité de Santena”….F.to Camillo Cavour.
Gino Anchisi
da Santena, la città di Camillo Cavour, 27 giugno 2021