TORINO – 21 novembre 2021 – Mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, ieri, sabato 20 novembre alle 11, al Centro Congressi Santo Volto, ha incontrato il mondo del lavoro torinese.
La crisi del lavoro continua ad essere, anche nel tempo della pandemia, la ferita aperta che aggrava anche ogni altro malessere sociale: perdere il lavoro significa, per centinaia di famiglie, entrare in un tunnel in cui diventa sempre più difficile onorare le rate del mutuo, garantire i percorsi scolastici dei figli, e così via. La Chiesa torinese si è sempre esposta per sostenere e accompagnare i lavoratori e le loro famiglie, impegnandosi anche in prima persona a cercare soluzioni e mediazioni per tentare di risolvere le crisi – vere o «provocate» – delle imprese. Per queste ragioni l’arcivescovo mons. Cesare Nosiglia, con l’Ufficio diocesano per la pastorale Sociale e del Lavoro, ieri ha voluto un incontro tra i rappresentanti di alcune aziende, delle istituzioni, del sindacato e del mondo imprenditoriale.
Aziende tuttora in crisi, come la ex Embraco; e aziende in cui, grazie anche all’impegno della diocesi, si sono trovate soluzioni produttive e occupazionali. L’incontro non intende essere un «tavolo» per specifiche mediazioni, ma un confronto aperto e solidale sui problemi del lavoro e sulle possibili piste di impegno comune.
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Ecco l’intervento che pronunciato dall’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia.
«Cari amici,
ho deciso di rivolgere il mio più caro e vivo saluto a tutti voi e a tanti altri lavoratori, che hanno vissuto momenti molto difficili nelle loro aziende, con i quali mi sono coinvolto e dei quali mi sono interessato, ma anche e in special modo a quanti ancora lottano perché rischiano di perdere il posto di lavoro. Il nostro incontro vuole nutrire la speranza che, con l’apporto solidale di tutti, si possano affrontare le prove e le difficoltà in cui si trovano diverse aziende. Mi auguro che le componenti istituzionali e sociali che si stanno occupando del problema possano trovare gli accordi necessari a garantire la continuità di un lavoro assicurato e permanente.
La disoccupazione totale o parziale è una piaga sociale che va combattuta sempre e comunque, senza mai arrendersi all’ineluttabile. Il diritto al lavoro resta il punto centrale di ogni società e di ogni sviluppo ed esige dunque il massimo impegno da parte di tutti. Il diritto al lavoro porta con sé quello di condizioni dignitose e umane del lavoro stesso, rispettoso di altri importanti diritti quali la famiglia, il tempo libero, il riposo. La giustizia e la solidarietà camminano insieme e si realizzano quando ci si rende conto che le difficoltà di alcuni sono difficoltà di tutti e i diritti di alcuni sono da difendere e promuovere come diritti di tutti. Se vogliamo che l’uomo sia al centro del lavoro, e si affrontino le crisi insieme bisogna che tutte le componenti sociali, politiche ed economiche facciano squadra all’unisono e operino come un corpo solo. E siano poi coerenti nel mantenere fermo tale obiettivo. Penso per esempio, al buon esito di una vicenda, quella della Elcograf, dove con l’impegno di tutti gli attori in campo, si è pervenuti a soluzioni ragionevoli e sostenibili quando tutto sembrava prendere un’altra piega.
Il caso dell’ex Embraco è solo l’ultimo di una serie di situazioni in atto anche in altre aziende del territorio, in cui tanti lavoratori si sono trovati ad affrontare scelte ingiuste e devastanti per la loro vita e la loro famiglia. Colpisce per l’ampiezza dell’azienda e per il venir meno, da parte anche delle istituzioni, di un percorso programmato insieme con gli imprenditori, i sindacati e il personale, con accordi idonei ad affrontare i problemi. Tanto più che il lavoro non manca nella nostra realtà e sembra dare buoni frutti anche sul piano della produzione, negli ultimi anni. Lo stallo dell’ex Embraco, che ormai si trascina da quattro anni, è purtroppo non solo ingiusto, ma profondamente disumano.
La comunità cristiana non può restare indifferente dinanzi a queste situazioni, quando incidono in modo grave e devastante sulla vita delle famiglie, sul futuro dei giovani e sulle prospettive di un futuro sereno e garantito di lavoro sul territorio. Il Papa ha più volte ripetuto che chi licenzia i propri operai è come se vendesse la loro dignità; questo conduce a svendere anche la propria dignità di persona.
Non tocca alla Chiesa indicare soluzioni concrete al riguardo, ma richiamare con forza tutte le parti in causa a fare ogni sforzo, con responsabilità, per superare questa situazione e ritrovare la via di una soluzione, che salvaguardi il bene più prezioso, che è l’uomo che lavora – e, insieme a lui, la sua famiglia. Si tratta di un impegno, che viene prima d’ogni altro, pure importante, aspetto economico e che esige la massima solidarietà da parte di tutte le forze del lavoro interessate: imprenditori, sindacati, lavoratori, istituzioni, comunità civile ed ecclesiale. La Chiesa torinese è pronta a fare la sua parte, non solo con l’appoggio morale, ma anche con ogni altro mezzo a sua disposizione, per dare un concreto sostegno ai lavoratori e alle loro famiglie. In questi giorni riflettevo su questa situazione. Il primo anno in cui ho celebrato la Messa davanti alla fabbrica per i lavoratori della ex Embraco è lo stesso del viaggio e udienza a san Pietro dal Papa, che li ha accolti e li ha incoraggiati a stare uniti e ad operare insieme anche con tutti gli altri operai di aziende che di recente hanno condiviso la stessa amara sorte. Proprio in questi giorni, Il Papa, tenendo presente la situazione di alcune fabbriche del bellunese che rischiano esattamente come quella di Ex Embraco di licenziare tutti i loro operai, ha detto: “rivolgo un accorato appello affinché’ in questa situazione e in altre simili, non prevalga la legge del profitto ma quella dell’equità e solidarietà”. Il Papa conosce dunque bene le difficoltà e i problemi che in questo periodo il mondo del lavoro soffre e apre il suo cuore e la sua solidarietà per richiamare tutti e, in particolar modo, le istituzioni ad affrontare seriamente questi problemi.
Dopo sei mesi, ho incontrato per ben tre volte il ministro Giorgetti. Insieme alla Regione e ai sindacati abbiamo firmato una lettera al presidente del Consiglio per sollecitare l’elaborazione di piste concrete. Recentemente il Consiglio regionale ha interpellato il Presidente del Consiglio perché si affrontino le crisi aziendali nella chiave dell’integrazione e della collaborazione tra le istituzioni. In questi giorni, durante il pranzo al Sermig con il Presidente della Repubblica, ho potuto direttamente parlargli dei problemi del lavoro nel nostro territorio, evidenziando come la situazione dell’ex Embraco sia emblematica; so che anche il Prefetto gli ha fatto pervenire una lettera scritta dai lavoratori. A tal proposito mi chiedo: che cosa ancora si può fare e come si può passare dalle parole e promesse che certo non sono mancate e non mancano su questo annoso problema alla soluzione sicura e riconosciuta.
Cari amici, chiediamo a San Giuseppe, patrono dei lavoratori, la forza di operare affinché il “vangelo” del lavoro sia salvaguardato nel nostro territorio e si possano trovare vie adeguate e giuste per affrontare e risolvere i gravissimi problemi che stanno davanti a noi. In questo territorio è tempo che ogni imprenditore e operaio possano guardare in avanti con rinnovata fiducia e la serena certezza di poter trovare nel proprio lavoro il sostegno necessario alla propria vita e a quella dei propri cari.
Per queste ragioni, ritengo utile che la diocesi, con l’opera della Pastorale sociale e del lavoro, avvii e favorisca un percorso sinodale per il mondo del lavoro, affinché l’esperienza del lavoro diventi davvero un attore di sviluppo e si possano avviare quelle auspicate e necessarie alleanze per costruire insieme un altro modello di sviluppo.
Cesare vescovo, padre e amico».
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FONTE Ufficio comunicazioni sociali Arcidiocesi di Torino
Ufficio stampa Arcidiocesi di Torino
http://www.diocesi.torino.it/comunicazione
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