SANTENA – 9 novembre 2008 – “Abbiamo bisogno di tutti”: questo il titolo dell’assemblea pubblica organizzata domenica 9 novembre davanti allo stabilimento Ages dalle rappresentanza sindacali unitarie Filcem-Cgil, FemcaCisl e Uilcem-Uil. L’assemblea pubblica organizzata davanti allo stabilimento Ages è iniziata poco dopo le 16 quando ha preso la parola Gerardo di Martino, componente delle Rsu.
Di seguito l’intervento di Gerardo Di Martino.
Per prima cosa va spiegato il motivo di questa assemblea pubblica. Serve soprattutto a smentire alcune voci infondate, perché troppe voci su questa azienda sono circolate in tutti questi anni. Questa assemblea serve a fare chiarezza. Abbiamo invitato le amministrazioni di Santena e Villastellone che sono i Comuni più vicini, per fare in maniera che si assumano anche loro le responsabilità davanti alla situazione di gravi crisi dell’Ages. Una crisi che dura da anni e ha portato centinaia di lavoratori fuori dal posto di lavoro.
Questa assemblea pubblica l’abbiamo indetta sopratutto perché la situazione in cui versa l’Ages è drammatica. Io non starò qui a fare per l’ennesima volta la storia dell’Ages che ormai è risaputa. In tre anni e dieci mesi – tanto sino a oggi è durata la gestione di questo proprietario – abbiamo buttato giù centinaia di volantini, e sono stati scritti centinaia di articoli sui giornali. Nelle gestioni precedenti all’arrivo di Di Sora, naturalmente tutto restava all’interno dell’azienda perché erano i normali rapporti tra le parti, tra sindacato e proprietà. Con questa ultima gestione tutto è stato sconvolto. Naturalmente all’inizio di questa gestione, di questa nuova proprietà, noi abbiamo dato il benvenuto perché, comunque, deve essere chiaro che la gestione precedente faceva acqua. I tedeschi volevano ritirasi al di là del loro confine. Noi abbiamo salutato positivamente l’arrivo di un serio imprenditore che avesse intenzione di dare continuità produttiva a questa azienda. Molti dicono che l’acciaio è nobile, sono tanti i metalmeccanici che affermano questo. Noi diciamo che anche la gomma è nobile. La gomma non è solo nera. C’è della tecnologia dietro la gomma. La gomma è materia difficile da capire.
Noi abbiamo aperto le braccia all’arrivo di questo imprenditore perché pensavamo che avrebbe lavorato per ricreare di nuovo condizioni favorevoli. Investendo avrebbe portato lavoro al territorio e, comunque, avrebbe frenato quella fuoriuscita di lavoratori che stava avvenendo da due, tre anni. A distanza di pochi mesi giustamente questa azienda ha chiesto di riorganizzarsi e di ristrutturasi. Pertanto c’è stata la concessione dei primi due anni di cassa integrazione, cui è seguito un terzo anno, scaduta il 31 ottobre scorso. Ora è scaduta e siamo in una situazione dove il ministero del Lavoro non ha ancora riconosciuto questo terzo anno di cassa integrazione perché sembra ci siano dei problemi. La sostanza è che, da dopo l’indagine degli ispettori, il ministero non ha ancora concesso il via libera per il terzo anno. E noi ci siamo ritrovati con la richiesta da parte dell’azienda di un quarto anno di cassa integrazione. E’ chiaro però che se non c’è il via libera per il terzo anno di cassa non può esserci un quarto anno. E pertanto attualmente siamo senza cassa. Centinaia di persone oggi sono fuori, senza cassa, senza niente; sono senza lavoro.
Nei confronti di questa azienda noi inizialmente abbiamo aperto le braccia e poiché il nostro contratto è uno dei più flessibili quando ci è stato chiesto di lavorare al sabato e la domenica l’abbiamo fatto, proprio per permettere a questa gestione di lavorare e cercare nuove commesse. Questa era la nostra intenzione, e questo abbiamo fatto. Se non che, ci siamo trovati, mano a mano, ad avere sempre meno commesse e sempre più richieste di cassa e sempre più richiesta di mobilità. Ci sono stati molti tagli di personale. Molti sono andati via; e con gli accordi che abbiamo fatto si poteva solamente andare via, come dire, con le proprie gambe. Nessuno era obbligato ad andare via. Ma sono comunque andati via, fuori da questa azienda, centinaia di lavoratori. Possiamo dire che sono andati quasi senza incentivo, perché all’Ages c’era un incentivo simbolico, di 2.500 euro. Poiché in tanti avevano le scatole piene, molti piuttosto che restare, hanno preferito andare via anche con queste condizioni. E, purtroppo, sono andati via anche buoni cervelli, gente capace, gente che capiva la gomma, perché la gomma è viva. Abbiamo perso dei tecnici bravissimi; sono andati via dalla disperazione per questa gestione. Pertanto anche il terzo anno di cassa non è servito e oggi siamo in questa situazione.
E veniamo ad alcune questioni economiche. Questa azienda ha fatto di tutto pur di non spendere soldi. Vi dico una stupidaggine: ha risparmiato sui vestiti; ha risparmiato sulle scope. Le vedete quelle scope laggiù, vicino ai cestini? Le abbiamo messe lì per dire che le scope noi ce l’abbiamo. Questa gestione neanche le scope ci passava. Questi erano e sono i segnali di questa azienda che non spendeva e diceva che non aveva i soldi. Non aveva i soldi, anche se stava usando i nostri Tfr: a questo punto voglio capire come mai a centinaia di lavoratori che hanno abbandonato l’Ages non gli viene pagato il Tfr. Si tratta di cifre che, secondo stime sindacali, ammontano a oltre un milione di euro. Vogliamo capire dove sono andati a finire questi soldi.
Dopo di che, in questi anni abbiamo sopportato di tutto. Abbiamo sopportato che ci chiudessero la mensa. Poi con la nostra forza l’abbiamo fatta riaprire, con la forza democratica dei lavoratori: quella dell’astenersi dal lavoro. È l’unica arma che abbiamo; non ne abbiamo altre. Dopo di che non pagava neanche i nostri fondi di categoria: sono soldi nostri che non versava e li tratteneva. In questi anni ha trattenuti i soldi del quinto dello stipendio di molti lavoratori che oggi vengono da noi a far vedere che le Finanziarie chiedono il dovuto e se non ha pagato l’azienda tocca a noi pagare. Ad altra gente che gli è stata trattenuta l’assicurazione e non è stata versata. Questo sono le cose che sono successe.
E ancora a gennaio di quest’anno siamo stati tre giorni e tre notti davanti ai cancelli per chiedere la mensa, per chiedere il pagamento dei fondi, ma anche per chiedere la carta igienica. Si scioperava per chiedere la carta igienica; ma si può? Da ultimo abbiamo scoperto che non veniva versato quanto veniva trattenuto per il Fondo gomma. Tutto questo è successo in questi anni mentre noi eravamo in cassa integrazione per ristrutturazione e per riorganizzazione. Una delle poche cose positive è stato l’aver trasferito qui lo stampaggio lamiera che era montato a Grugliasco. In questi anni sono stati abbelliti gli uffici. Ma sugli impianti dove si lavora e dove si produce di investimenti non ne abbiamo visti. E’ stata data tanta vernice, per far vedere che gli impianti sono belli. In realtà sono solamente verniciati, non sono nuovi. E mentre brillano gli stampi cadono; questa azienda ha molti infortuni sul lavoro.
Ecco questi sono i problemi dell’Ages. In questi ultimi tempi abbiamo voluto affrontare la questione del mancato pagamento dei fondi, raccogliendo l’adesione dei lavoratori per avviare una vertenza, perché non ci potevamo permettere ulteriori scioperi per quella questione lì. Già la cassa integrazione è penalizzante. E se noi avessimo aggiunto scioperi anche per la vicenda dei fondi pensione non pagati, a casa non si portava un cavolo di busta paga. Perciò abbiamo intrapreso la via legale.
La ciliegina è arrivata quando ci è stato comunicato dall’azienda, il giorno 28 ottobre, che le retribuzioni di ottobre sarebbero state nella misura del 70 per cento e il restante ci sarebbe arrivato solo entro la fine di novembre. Lo stesso atteggiamento che la proprietà tiene nei confronti dei fornitori è stato attuato anche nei nostri confronti.
La proprietà spiega che non paga i fornitori perché i clienti non pagano. E qui però la proprietà ha fatto male i suoi conti. E da lunedì scorso noi lavoratori dell’Ages di Santena e di Asti scioperiamo e abbiamo indetto assemblee permanenti davanti ai cancelli. E’ da lunedì che prendiamo pioggia per avere quello che ci spetta; sono i nostri soldi; i nostri diritti. Questo noi chiediamo con questa mobilitazione.
Concludo perché io penso che oggi mi sono spinto anche oltre il dovuto. Perché mi sono fatto prendere un po’ la mano, ma l’avrebbe fatto qualunque altro lavoratore e qualunque altra persona qui presente se avesse preso la parola, vista la situazione che stiamo vivendo.
Da lunedì scorso siamo partiti con gli scioperi e l’assemblea davanti ai cancelli e continueremo come abbiamo fatto questa settimana e già da adesso chiediamo scusa alle persone cui dovremo creare qualche disagio. Ma non abbiamo altri spazi; non abbiamo altri interlocutori che possono risolverci i nostri problemi.E’ una lotta che dobbiamo fare noi stessi.
Dopo l’intervento di Gerardo Di Martino ha preso la parola Enrico De Paolo, della Filcem Cgil. Di seguito il suo intervento.
Per prima cosa inizierei con il ringraziare chi ha permesso questa iniziativa che era nata per evitare un po’ dei malintesi. Avevamo inizialmente pensato a riunioni informative per la cittadinanza. Volevamo fare alcune serate. Poi abbiamo preferito organizzare questa iniziativa grazie al fatto che alcuni giovani della zona avevano dato la disponibilità a organizzare questo concerto in solidarietà.
Nel loro volantino di presentazione i giovani dell’Areakani, per presentare questo Concerto ai cancelli, hanno scritto: “Noi non siamo indifferenti a quello che accade nella nostra città: uniti ai cancelli in solidarietà”. E io ringrazio questi giovani che permettono questa giornata. Così, come è ovvio, ringrazio chi sta partecipando oggi, i dipendenti dell’Ages, gli ex dipendenti che sono qui. Ringrazio gli amministratori di Santena e di Villastellone che hanno risposto al nostro invito, così come i consiglieri comunali qui presenti. Grazie anche agli organi di stampa e la televisione, perché a noi serve che vengano pubblicizzate le problematiche che ci sono nelle fabbriche e negli stabilimenti.
Noi per discutere della situazione e delle prospettive dell’Ages ci siamo incontrati il 30 ottobre, dopo nostro invito, in Regione, avendo chiesto l’incontro all’assessorato al Lavoro e attività produttive; il giorno dopo ci siamo incontrati all’Unione industriale. Qualche giorno dopo l’inizio del blocco e degli scioperi che sono partiti a Santena la proprietà ha scritto alla Regione, alle Prefetture sia di Torino sia di Asti, ai presidenti dei Consigli provinciali di Torino e di Asti, dicendo che si erano svolti gli incontri e che l’azienda era disponibile a dare il restante 30 per cento, ma i lavoratori non hanno accettato e sono andati davanti ai cancelli.
Va detto chiaro che lavoratori dell’Ages di Santena e di Asti non stanno scioperando perché l’azienda paghi, magari con qualche ritardo, il restante 30 per cento del salario di ottobre. Noi abbiamo avviato la mobilitazione davanti ai cancelli perché, da anni non abbiamo risposte alle nostre richieste; qui non c’è una prospettiva produttiva. E’ da anni che chiediamo all’azienda di presentarci un piano industriale; l’azienda continua, come ha continuato a dire anche nella sede della Regione, che intende ripianare i debiti che ha con la vendita dei capannoni di Santena e di Asti. Sono tre anni che la proprietà ci dice che intende ripianare con la vendita: tre anni fa si doveva vendere il capannone di Grugliasco, allora servivano 10 milioni di euro. Ora i debiti sono diventati 30 milioni di euro. Questa società non ha un piano industriale credibile.
Quindi con è vero, come ha scritto la proprietà, che si sta scioperando per il 30 per cento dello stipendio di ottobre. La realtà è che Ages non ha un piano credibile di sviluppo e di rilancio. L’azienda, come ha ammesso al tavolo della trattativa in sede regionale, si trova in uno stato di insolvenza, solo con Fiat ha debiti per 20 milioni di euro. Negli anni passati la Fiat si è fatta garante nei confronti dei fornitori. La Fiat ha anticipato delle fatture per permettere il pagamento delle retribuzioni ai lavoratori di Ages. Oggi la Fiat non paga più perché fa il suo lavoro.
Il 22 ottobre l’azienda ha presentato la richiesta del quarto anno di cassa integrazione straordinaria per riorganizzazione. E’ prevista una riorganizzazione complessa, ma se noi andiamo a prendere tutta la documentazione degli ultimi anni, sono esattamente le fotocopie degli anni precedenti. Il terzo anno di cassa non è stato ancora autorizzato. Ci sono state le ispezioni; da quanto ci è stato detto anche dalla Regione, sembrerebbe che, soprattutto ad Asti, l’azienda non abbia fatto gli investimenti previsti. Dico sembrerebbe perché non abbiamo nulla di ufficiale.E’ comunque una situazione strana perché, di solito, le casse, soprattutto le proroghe, sono deliberate in tempi rapidi. Qui, invece, abbiamo terminato il terzo anno e non c’è stata autorizzazione. Noi non potevamo concordare il quarto anno in assenza di autorizzazione del terzo. Senza certezze sul terzo noi non ci sediamo al tavolo delle trattative per parlare del quarto anno.
Dicevo quindi che è banale affermare, come fa la proprietà, che in gioco vi sia solo il 30 per cento.
Ma veniamo a quanto successo venerdì scorso. Dopo che i lavoratori avevano concordato di far entrare il responsabile del personale e tre impiegate per fare i lavori di amministrazione, l’azienda ha chiesto alle Rsu se i lavoratori intendevano riprendere a lavorare, affermando che se lo avessero fatto forse sarebbe arrivato il 30 per cento mancante della mensilità. Ancora una volta l’azienda e la proprietà hanno dimostrato di non avere capito nulla: le Rsu e i lavoratori hanno risposto che non erano disponibili a questo ricatto. L’azienda deve versare il 30 per cento perché questo è dovuto ai lavoratori. Avute queste risposte il responsabile del personale ha abbandonato lo stabilimento. A noi sembra che i cancelli siano stati chiusi, poi li hanno riaperti: questo comportamento si chiama serrata. Abbiamo detto che faremo le nostre verifiche legali. Siccome sembra che ci siano immagini tv e anche di giornali, verificheremo se potremo chiedere di condannare l’azienda anche per questo atto. Poi, comunque, i cancelli sono stati riaperti.
All’inizio del pomeriggio, quando abbiamo fatto balenare che avremmo anche potuto decidere di tornare tutti al lavoro, erano spariti tutti, Alle 13,30 sono ritornati tutti i capi ma non è successo nulla perché a fronte della richiesta della disponibilità al pagamento del restante 30 per cento non sono arrivate garanzie.
Noi proseguiamo la nostra lotta. Noi ci stiamo attivando legalmente. Qui qualcuno ha messo un cartello con su scritto “Ufficio vertenze”: è una provocazione, comunque ci stiamo attivando legalmente; stiamo verificando la possibilità di costringere l’Ages a rientrare di tutto quanto è dovuto ai lavoratori; il 30 per cento; il fondo previdenziale; e anche rispetto ai problemi per Inps. Siccome la sede legale dell’Ages è cambiata diverse volte, prima era a Santena, poi è stata trasferita ad Asti, nei prossimi giorni presenteremo istanza, insieme con i nostri colleghi di Asti, per chiedere al giudice se questa è un’azienda solvente o se è insolvente. Se è insolvente vuol dire che ha necessità di avere un tutore. Noi ci auguriamo questo perché la nostra battaglia è indirizzata a questo. Noi non vogliamo il fallimento perche noi vogliamo mantenere l’attività produttiva: noi vogliamo proseguire; qui l’Ages ha una storia di 50 anni. Anche l’Ages è una delle tante figlie Fiat: prima dell’arrivo della Contitech, lo stabilimento era Gilardini. In questo territorio ci sono altre realtà che la Fiat ha abbandonato: una fra tutte la Stars. Noi alla Fiat non chiediamo un intervento diretto perché non vogliamo vendere fumo a nessuno. Noi vogliamo che la Fiat sappia che siamo dei fornitori.
I lavoratori di questa azienda hanno sempre lavorato in modo flessibile: L’Ages è un’azienda dove i lavoratori hanno sempre collaborato. Poi è arrivato questo imprenditore ed è finito tutto nonostante che all’inizio avessimo dato massima fiducia.
Noi ci stiamo attivando per chiedere la sostituzione dell’attuale proprietà: ci auguriamo che questa strada sia percorribile e consenta di proseguire questa attività. Nella situazione di oggi è difficile che arrivi un investitore: qui c’è una situazione debitoria indescrivibile. Ci sono lavoratori che sono andati via e che aspettano centinaia di migliaia di euro.
Mi avvio verso la conclusione. Noi oggi abbiamo chiesto l’intervento degli amministratori. A loro cosa chiediamo? La prima cosa da escludere è che questa area industriale subisca un cambio di destinazione d’uso. Già in passato, quattro anni fa, a fronte della mancanza di un piano industriale avevo chiesto alla proprietà se intendeva trasformare l’Ages in un supermercato. Anche nel passato, alcuni articoli hanno citato l’ipotesi di speculazioni su questa area. Qui oggi abbiamo il sindaco che invito a parlare. Ci dica se questa sarà area adibita a uso industriale; ci dica che non ci saranno modifiche. Noi questo oggi chiediamo all’amministrazione di Santena, a quella di Villastellone e anche, in futuro, ad altre cui ci rivolgeremo. Qui non abbiamo più la natura iniziale della Contitech, qui all’Ages si sono accorpate tre aziende la Trust metal di Grugliasco; la ZF di Villanova d’Asti, e di conseguenza abbiamo lavoratori sparsi per tutta la Provincia e anche ad Asti. E’ chiaro che inviteremo anche altri Comuni che hanno lavoratori interessati alla vicenda Ages e chiederemo a tutti gli enti locali di attivarsi.
Noi non vogliamo false promesse. Noi vogliamo che i lavoratori che hanno bisogno, che hanno necessità, che sono in un momento difficile siamo aiutati fattivamente. Senza illudere nessuno. Questo chiediamo alle amministrazioni.
Ieri su La Stampa è stato riportata la situazione di una vostra compagna di lavoro, Anna. Il titolo era sbagliato, parlava del marito a 700 euro e diceva che lei era stata licenziata: tutti e due lavorano qui. Sono arrivati qui dopo la chiusura da parte della Contitech dello stabilimento Ages di Cirié. Qui si sono conosciuti e sposati e oggi sono tutti e due in cassa integrazione. E voi sapete cosa vuol dire uno stipendio in cassa in una famiglia, in due in cassa la situazione è ulteriormente più difficile. Anna ha raccontato la sua storia, la sua vicenda; ha avuto la dignità di esporre a tutti quale era la situazione dei lavoratori dell’Ages. E voi sapete che di queste situazioni ve ne sono molte nell’area torinese. Proprio per le cose che ha detto Anna sul giornale e proprio prendendo spunto dallo slogan che lavoratrici e lavoratori della Michelin utilizzano, io chiedo a nome di tutti voi che ci sia la possibilità di un lavoro dignitoso: In chiusura farei nostro lo slogan dei lavoratori della Michelin: “Noi chiediamo lavoro e dignità”.
filippo.tesio@tin.it