SANTENA – 13 marzo 2010 – Di seguito, gli interventi di Carlo Cerutti, segretario Spi Cgil Moncalieri e di Gianni Bolognini, Rsu Askoll, durante il presìdio organizzato venerdì scorso 12 marzo dalla Cgil, a Santena, in occasione dello sciopero generale.
Gli interventi del comizio che ha chiuso il presidio organizzato dalla Cgil a Santena sono stati introdotti da Carlo Cerutti, segretario Spi Cgil Moncalieri: «Mi hanno dato il compito di presentare. Oggi sciopero generale, dichiarato dalla Cgil». Gli risponde una ovazione della piazza. Cerutti continua: «Lo sciopero è riuscito. Ci segnalano in molte piazze grandi manifestazioni e presìdi davanti alla fabbriche. Abbiamo fatto bene a non organizzare una unica manifestazione, per andare tutto là dove ci sono le aziende in crisi, con i pensionati che esprimono solidarietà, ma non solo. Possiamo dire che in una piccola città come questa è riuscita una grande manifestazione».
Carlo Cerutti ha proseguito: «Dicono che la crisi non c’è, ma sappiamo che, in Italia, nel 2009, il Pil è sceso del 5,1 per cento. Soltanto in febbraio ci sono state 95 milioni di ore di cassa. Hanno detto che avrebbero ridotto le tasse, invece sono salite. E pagano sempre gli stessi – lavoratori e pensionati. Questi, in sintesi, sono i temi al centro dello sciopero di oggi. Qui siamo della Cgil, ma chi ha in tasca la tessera della Cisl o della Uil non ha problemi diversi dai nostri. Lo sciopero di oggi è anche a favore di quei lavoratori che sono in fabbrica: lottiamo per tutti e non solo per quelli della Cgil».
Il microfono è passato a Gianni Bolognini, Rsu Askoll che ha iniziato con una provocazione: «Volevo cominciare dicendo una cosa importante: come abbiamo ben capito la crisi è finita. Non c’è più crisi, occorre spendere perché spendendo si viene fuori dalla crisi. Anche se spendendo occorre fare i debiti, ma chi li ha i soldi? Questo il punto. Tra le frasi mitiche che mi sono segnato c’è questa: “Il posto fisso è un valore fondamentale”: l’ha detta Giulio Tremonti»
Bolognini ha aggiunto: «L’altro giorno è passata la norma sull’arbitrato al Senato; questo vuol dire che per i lavoratori, nel momento dell’assunzione, possono andare in deroga rispetto alle ferie, al salario e anche all’articolo 18. Questa è la serietà delle persone con cui abbiamo a che fare. Io penso che gli slogan non servano più. Bisogna praticare politiche serie per poter far ripartire l’economia. Il nostro Paese è uno dei più industrializzati e non è possibile pensare di poterlo far andare avanti solo con il turismo; non ha senso questa cosa qui».
«Ma parliamo della mia azienda – ha detto Bolognini – un esempio, come tante altre, la Askoll, qualcuno se la ricorda come Plaset. Nel 1996 eravamo 540 persone, più altri 500 nell’indotto. Proprio l’indotto è stato il primo a sparire. Erano aziende piccole che non ci sono più, erano a Torino e ad Asti. Noi siamo passati da un proprietario che, non era bravo – perché non è che si può dire che i padroni sono bravi – ma perlomeno faceva il suo lavoro. Dicevo, siamo passati attraverso una multinazionale che ha preso il capitale di conoscenza e intende portarlo dove il lavoro costa meno. Loro sì riescono benissimo in questo; siamo noi che non riusciamo a organizzarci per portare la qualità del lavoro in quei posti; perché questo bisognerebbe fare. Occorre portare la qualità del lavoro che abbiamo qui da noi in questi Paesi, in est asiatico come dalle altre parti del mondo».
Bolognini ha aggiunto: «Nei giorni scorsi è venuta fuori la notizia che i pupazzi dei mondiali sono fatti da lavoratori che prendono due euro per ogni giornata lavorativa. Noi non potremo mai fare concorrenza a queste cose. Con i costi che abbiamo non ci riusciremo mai. C’è il sindaco mondiale – Ituc, International trade unions confederation – è una delle vie da percorrere per portare i diritti anche a queste persone. Davvero dobbiamo toglierci dalla testa di pensare di fare concorrenza a chi lavora per pochi euro il giorno. Oggi, nella nostra azienda, siamo in una situazione un po’ paradossale: ci sono 10 milioni di investimenti. La multinazionale ci ha venduti a un proprietario dal vicentino. E’ un nostro concorrente diretto: questo vuol dire che una parte della nostra produzione rimane, però la testa non serve. Ha investito 10 milioni di euro, ma ci ha subito detto che il 50 per cento degli attuali lavoratori sono considerati esuberi aziendali. Questo significa che 350 lavoratori, saranno collocati fuori dall’azienda e, molto probabilmente, finiranno disoccupati».
Gianni Bolognini ha concluso: «Ancora una volta siamo qui a ribadire l’importanza di politiche efficaci sugli ammortizzatori sociali, perché le aziende – una volta chiuse – non le riapri mai più. Noi chiediamo che si continui a incentivare l’automotive. L’Italia è un Paese dove c’è sempre stata innovazione – dal Rinascimento in avanti –, ma oggi siamo fanalino di coda. Non riusciamo più realizzare progetti innovativi. Faccio qualche esempio: vicino a noi abbiamo la Germania che – tra le altre cose – investe nel solare. E’ un Paese dove il sole non c’è, ma investono sul solare. Noi siamo chiamati il paese del sole, ma nel solare non riusciamo a investire. Per invertire la rotta occorre avere un po’ di coraggio; servono politiche nuove. Però smettiamola con gli slogan. Chiudo ricordando una cosa detta da Fabrizio De Andrè, che è stato un maestro: “La gente affamata e senza lavoro è la pasta di cui sono fondate le dittature”. Grazie».
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