Una pausa per lo spirito – proposte di riflessione per i giorni dal 14 al 20 marzo 2010

SANTENA – 14 marzo 2010 – Di seguito, le proposte di riflessione per i giorni dal 14 al 20 marzo 2010.

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Domenica 14 marzo 2010

Le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove

Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.
2Cor 5,17–21

La serenità che troviamo non nasce da noi, è un dono dall’alto

Questa domenica è chiamata laetare (domenica della letizia) dalla prima parola della Liturgia. La Chiesa invita a interrompere la severità del tempo quaresimale. Il colore viola, segno proprio di un tempo di penitenza, cede il passo al rosa, per la letizia che viene donata oggi al nostro cuore, quasi a far pregustare la gioia della Pasqua. La serenità che troviamo in questa liturgia non nasce da noi, è un dono dall’alto. Non promana dalla nostra onestà o da altre nostre qualità, essa trova ragione nel fatto che qualcuno ci accoglie così come siamo, senza neppure un previo esame. Il Vangelo inizia notando che “si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”. L’evangelista sembra sottolineare con soddisfazione questo strano pubblico che si accalca attorno a Gesù. Per i farisei, invece, è segno di scandalo, perché la comunanza della mensa con i peccatori significava coinvolgimento nelle loro impurità. La loro accusa contro Gesù, pertanto, non era di poco conto. Ma questa scena, che è di scandalo per i benpensanti, per noi è Vangelo, “buona notizia”. È davvero una notizia lieta che Gesù frequenti i peccatori. Del resto, la liturgia domenicale non è il convito di Gesù con noi, peccatori? Non conversa egli con noi? Non ci dona da mangiare il suo pane e da bere il suo calice? Sì, nella liturgia della domenica ogni volta si realizzano questi tre versetti del Vangelo di Luca. Sia ringraziato il Signore per questo dono grande e certamente non meritato! Solo chi si sente “a posto” non capisce questa pagina evangelica e non riesce neppure a gustare la gioia che da essa promana. Solo chi non ha bisogno di essere accolto, perdonato e abbracciato ragiona allo stesso modo dei farisei e degli scribi. E a prima vista la loro grave accusa è più che ragionevole. Come si difende Gesù? Non parlando di sé, ma del Padre. E narra la nota parabola detta del “figlio perduto” (sarebbe meglio chiamarla del “padre misericordioso”). Forse è tra le pagine evangeliche più sconvolgenti. Si apre con la richiesta del figlio più giovane di avere la sua parte di eredità. Ottenutala, se ne va via di casa. La sua vita, inizialmente brillante e piena di soddisfazioni, è poi colpita dalla violenza della carestia e dall’abbandono degli amici. Resta solo ed è costretto a fare il guardiano di maiali; l’unico modo per sopravvivere! Persino i maiali stanno meglio di lui: “Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla” (v. 16), nota tristemente l’evangelista. La vita di questo figlio è spezzata, come spezzati sono i suoi sentimenti. Quanto gli è amaro ricordare i giorni in cui stava a casa di suo padre! Ma è proprio l’amarezza della vita in cui è caduto a farlo rientrare in se stesso: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te… Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alza dalla sua triste condizione e si incammina verso casa. Il padre sta in attesa. L’evangelista sembra suggerire di vederlo: possiamo immaginarcelo sul terrazzo di casa che guarda lontano, verso l’orizzonte, nella speranza di vedere il figlio tornare: quando il figlio “è ancora lontano”, il padre lo vede, “ne ha compassione, gli corre incontro, gli si getta al collo e lo bacia”. Non sa ancora perché il figlio stia tornando, né conosce cosa gli dirà, ma non importa. Quel che conta è che sta tornando. Non gli permette di dire nulla e gli getta le braccia al collo. Il cuore del figlio si scioglie e così pure la sua lingua. Pronuncia poche parole. Sembra che il padre neppure stia a sentirle e, dopo averlo rivestito con abiti nuovi, con i calzari ai piedi e con l’anello al dito, ordina di fare immediatamente una grande festa. Tutto in brevissimo tempo.

Sta tornando dai campi il figlio maggiore, tutto casa e lavoro, potremmo dire. Ma appena apprende il motivo della festa, va su tutte le furie e non vuole entrare. Ancora una volta è il padre che esce: va incontro al figlio e lo prega di comprendere la bellezza di quanto è accaduto e lo invita a entrare e a far festa anche lui. Quel figlio non solo non entra, addirittura ha parole dure verso il padre: “Io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Il padre risponde con dolcezza: “Figlio, tu sei sempre con me”, e con fermezza aggiunge: “bisognava far festa”. Ha compreso che anche quel figlio è lontano, pur stando dentro casa. Pur essendo il figlio maggiore, non capisce il suo amore e il bisogno di affetto e di perdono che ha il fratello minore. Il padre è fermo con lui: non accetta che resti chiuso nella tristezza del suo egoismo; una fermezza che esprime un amore altrettanto grande, come quello che aveva mostrato per il figlio più giovane. In una società avara nell’accogliere i deboli, poco pronta a perdonare, questa parabola è davvero una buona notizia, un Vangelo. Gli uomini hanno bisogno di un padre come questo, di una casa come questa, ove non solo si è accolti, ma anche abbracciati con gioia.
Comunità di Sant’Egidio

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Lunedì 15 marzo  2010

Io confido nel Signore. Esulterò e mi rallegrerò per la tua misericordia, perché hai guardato con bontà alla mia miseria.
Sal 31,7-8

Ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra

Così dice il Signore:
«Ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra;
non si ricorderà più il passato,
non verrà più in mente,
poiché si godrà e si gioirà sempre
di quello che sto per creare,
poiché creo Gerusalemme per la gioia,
e il suo popolo per il gaudio.
Io esulterò di Gerusalemme,
godrò del mio popolo.
Non si udranno più in essa
voci di pianto, grida di angoscia.

Non ci sarà più
un bimbo che viva solo pochi giorni,
né un vecchio che dei suoi giorni
non giunga alla pienezza,
poiché il più giovane morirà a cento anni
e chi non raggiunge i cento anni
sarà considerato maledetto.

Fabbricheranno case e le abiteranno,
pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto».

Is 65,17-21

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Martedì 16 marzo 2010

Voi che avete sete, venite alle acque, dice il Signore; anche voi, che non avete denaro, venite, e dissetatevi con gioia.
cf. Is 55,1

«Vuoi guarire?»

Ricorreva una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. A Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, vi è una piscina, chiamata in ebraico Betzatà, con cinque portici, sotto i quali giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici. Si trovava lì un uomo che da trentotto anni era malato. Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: «Vuoi guarire?». Gli rispose il malato: «Signore, non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l’acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, un altro scende prima di me». Gesù gli disse: «Àlzati, prendi la tua barella e cammina». E all’istante quell’uomo guarì: prese la sua barella e cominciò a camminare. Quel giorno però era un sabato. Dissero dunque i Giudei all’uomo che era stato guarito: «È sabato e non ti è lecito portare la tua barella». Ma egli rispose loro: «Colui che mi ha guarito mi ha detto: “Prendi la tua barella e cammina”». Gli domandarono allora: «Chi è l’uomo che ti ha detto: “Prendi e cammina”?». Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato perché vi era folla in quel luogo.

Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: «Ecco: sei guarito! Non peccare più, perché non ti accada qualcosa di peggio». Quell’uomo se ne andò e riferì ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo. Per questo i Giudei perseguitavano Gesù, perché faceva tali cose di sabato.
Gv 5,1-16

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Mercoledì 17 marzo  2010

Signore, innalzo a te la mia preghiera; nel tempo opportuno mi rivolgo a te, o Dio. Rispondimi nel tuo grande amore, nella tua fedeltà al patto di salvezza”.
Sal 69,14

Chi ascolta la mia parola è passato dalla morte alla vita

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco». Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio. Gesù riprese a parlare e disse loro: «In verità, in verità io vi dico: il Figlio da se stesso non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo. Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, perché voi ne siate meravigliati. Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio, perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità io vi dico: viene l’ora – ed è questa – in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso, e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non meravigliatevi di questo: viene l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e usciranno, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna. Da me, io non posso fare nulla. Giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
Gv 5,17-30

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Giovedì 18 marzo 2010

Gioisca il cuore di chi cerca il Signore. Cercate il Signore e la sua potenza, cercate sempre il suo volto.
Sal 105,3-4

Voi non avete mai visto il suo volto e la sua parola non rimane in voi

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei: «Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera. Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».
Gv 5,31-47

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Venerdì 19 marzo  2010

Ecco il servo saggio e fedele, che il Signore ha posto a capo della sua famiglia.
Lc 12,42

Devo occuparmi delle cose del Padre mio

I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso.
Mt 1,16.18-21.24

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Sabato 20 marzo  2010

Flutti di morte mi hanno circondato, mi hanno stretto dolori d’inferno; nella mia angoscia ho invocato il Signore, dal suo tempio ha ascoltato la mia voce.
Sal 18,5-7

Mai un uomo ha parlato così!

In quel tempo, all’udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: “Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo”?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui.
Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!».

Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua.
Gv 7,40-53

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